Author: LOREDANA CARENA

Enrico Reycend: pittore dimenticato.

Quali sono i principali paesisti piemontesi, di nascita o di adozione, attivi nel corso dell’ Ottocento? I nomi che vengono subito in mente sono: Antonio Fontanesi, Vittorio Avondo, Lorenzo DelleaniCarlo Pittara e la Scuola di Rivara, artisti che hanno un legame diretto o indiretto con un altro grande pittore torinese: Enrico Reycend (Torino 1855 – 1928).

ENRICO REYCEND, "Ultima luce sul mare", 1905

ENRICO REYCEND, “Ultima luce sul mare”, 1905

Caduto nell’ oblio dopo la morte, Reycend è stato meritatamente riscoperto dallo storico dell’arte Roberto Longhi (Alba 1890 – Firenze 1970) che, in occasione della Biennale di Venezia del 1952, occupandosi dei paesaggisti piemontesi, incluse nella triade, formata da Fontanesi, Avondo e Delleani, il nome e i lavori di Enrico Reycend. Considerandolo tra i pittori piemontesi che meglio seppero rielaborare in modo personale la lezione impressionista francese, Longhi collezionò alcuni lavori dell’artista che, con spirito liberale, donò alla Galleria d’Arte Moderna di Torino e che nel 1955 furono oggetto di un’importante mostra.

Altro sommo omaggio al pittore torinese venne voluto dal critico d’arte Angelo Dragone (Torino 1921 – 2004) il quale curò nel 1989 al Palazzo Liceo Saracco di Acqui Terme (Alessandria) una mostra antologica in cui furono esposte 79 dipinti dell’artista.

E, oggi, a circa trent’ anni dall’ ultima grande retrospettiva sul pittore, la Fondazione Accorsi – Ometto, proseguendo nel proprio obiettivo di riscoperta e rivalutazione degli artisti piemontesi dell’Ottocento, dedica la mostra “La natura delicata di Enrico Reycend” in cui, attraverso 70 opere, viene ripercorsa tutta la parabola della sua vicenda umana e artistica dagli esordi alla maturità. Il titolo si riferisce ad una celebre risposta che il pittore diede a Roberto Longhi “Ma vede, per me la natura è sempre delicata”.

Pittore isolato e schivo, Reycend frequentò l’Accademia Albertina abbandonandola nel 1872 prima di conseguire il diploma e, l’anno successivo, esordì alla Promotrice di Belle Arti con due paesaggi. In questi primi anni di formazione frequentò lo studio di Antonio Fontanesi, di cui rimangono tracce dei suoi insegnamenti e della pittura en plain air in particolare nei tagli dei paesaggi lacustri, nei bilanciamenti luce / ombra e nella lieve matericità pittorica, che nell’ ultimo Fontanesi risulta più marcata e anticipatrice di un linguaggio pittorico proiettato verso la modernità.

ENRICO REYCEND, "Porto di Genova", 1886

ENRICO REYCEND, “Porto di Genova”, 1886

Reycend si avvicinò anche alla pittura di Lorenzo Delleani, mantenendo però una nota più poetica ed intimista pur trattando tematiche paesaggistiche affini: scorci montani popolati da mucche, pecore e pastorelli in cui emergono tutta la grandezza e la mestosità della natura che soverchia la transitorietà della figura umana.

I frequenti viaggi a Parigi, dove potè ammirare de visu i quadri di Jean Baptiste Camille Corot, che considerava uno dei maggiori innovatori della pittura del XIX secolo insieme ad Antonio Fontanesi e ai pittori della Scuola di Rivara, i soggiorni nelle altre capitali europee, negli Stati Uniti e nel Sud America, permisero a Reycend di assorbire e di rielaborare in modo autonomo e personale, i linguaggi artistici internazionale di fine secolo.

La sua maestria pittorica, fatta di piccoli e rapidi tocchi di ascendenza divisionista, di pennellate più nette a campitura piena, di una materia vibrante, lunga e luminosa o di tassellature cromatiche non gli furono però sufficienti per raggiungere il meritato successo. Infatti i soggetti trattati da Reycend ad inizio Novecento erano troppo lontani dai gusti pittorici del XX secolo orientati verso altre mete e altri modi di rappresentare il progresso che avanzava e che trovava un giusto corrispettivo nel nuovo alfabeto artistico delle Avanguardie Storiche.

I suoi quadri, grandi o piccoli che fossero, raffiguranti scorci di marine, vedute urbane o rurali, ritratti intimisti o veristi, erano considerati ormai superati e troppo legati ad un “vecchio gusto ottocentesco”. Le tristi vicende personali (la malattia e la morte di ben 8 fratelli su 9) aggravarono la sua già precaria situazione economica al punto che l’artista fu costretto a vendere la residenza di famiglia, casa Reycend, situata nella prestigiosa via Villa della Regina, per trasferirsi in affitto in una modesta casa di via Lagrange, dove proseguì a realizzare quadri per fronteggiare le continue spese e dove morì nel 1928 in semi povertà e senza avere raggiunto il meritato successo.

INFO: “LA NATURA DELICATA DI ENRICO REYCEND”,

mostra a cura di Giuseppe Luigi Marini

dal 27 settembre 2018 al 20 gennaio 2019,

Museo di Arti Decorative Accorsi – Ometto

via Po n. 55 – TORINO –

tel. 011/ 837688 – info@fondazioneaccorsi-ometto.it – www.fondazioneaccorsi-ometto.it

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