Carutti Augusto

CARUTTI AUGUSTO

(Pinerolo, 16 novembre 1875 – Torino, 1956)

 

BIOGRAFIA E OPERE

Carutti Augusto, inizialmente autodidatta, si forma a Torino con Giacinto Tesio e con Clemente Puglie­se-Levi. Pittore, critico d’arte della “Gazzetta del Popolo” di Torino, illustrò alcune novelle e fiabe di Maria Antonietta Torriani, in arte Marchesa Colombi, amica della famiglia Ca­rutti di Cantogno. Ottiene la prima afferma­zione alla Quadriennale di Torino del 1902, con tre paesaggi, e partecipa alle principali rassegne nazionali, soprattutto piemontesi, e alla Biennale di Venezia a partire dal 1905, quando espone Autunno, fino al 1924, con Malinconia e Manto autunnale. Dedito principalmente al paesaggio, risente dell’influenza di Antonio Fontanesi e della scuola piemontese, in particolare di Mar­co Calderini, in paesaggi introspettivi intesi come traduzioni di stati d’animo. Nel primo decennio del Novecento la tecnica compen­diaria, debitrice dei bozzetti di Fontanesi, diventa più rifinita, influenzata dalla pittura dei divisionisti piemontesi come Alberto Fal­chetti e Luigi Bolongaro: senza applicare mai la tecnica divisa, ne deriva però uno schiari­mento della tavolozza. Dall’inizio del secolo i suoi paesaggi accentuano il carattere simbo­lista con vedute dal taglio ampio caratteriz­zate spesso da un orizzonte basso che lascia ampio spazio alla descrizione luministica del cielo, contro cui si stagliano le silhouettes sottili degli alberi, come in Dopo la tempe­sta (1899-1904) e Paesaggio con specchio d’acqua e buoi (1900-1910, entrambi Milano, Gallerie d’Italia), in cui l’andamento grafico delle linee che descrivono gli alberi assume un decorativismo spiccatamente liberty. In Sorge la luna (cat. 217), esposto alla Pro­motrice di Belle Arti di Torino nel 1911, dove venne acquistato dal Comune per la Galleria d’Arte Moderna (cfr. Mallè 1968, p. 99, tav. 383), l’atmosfera crepuscolare è accentua­ta dalla solitudine sospesa del paesaggio, in cui lo spunto naturalistico e la resa delle variazioni della luce al tramonto si traducono in una dimensione simbolica e in una raffi­nata composizione aggiornata sugli esempi piemontesi di quegli anni, dal naturalismo di Plenilunio di Giovanni Piumati (1903) al sim­bolismo astrattizzante del Torrente in inver­no di Giuseppe Bozzalla (1910; entrambi To­rino, Galleria d’Arte Moderna) fino alle opere mature di Andrea Tavernier, come Paesaggio montano con Bagnanti (1906), e in linea con le ricerche di Mario Reviglione.

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