Adriano Alloati

BIOGRAFIA E OPERE

Adriano Alloati, da bambino vuole fare il marinaio: vagheggia le acque aperte, gli spazi infiniti, i grandi porti lontani. La tradizione aneddotica vede in una rapida e somigliante Testina di Giolitti (“grande come una grossa arancia”) il primo gesto plastico del talentoso tredicenne. La testa colpisce immediata-mente l’occhio professionale del padre, che non esita a incoraggiare l’indole del ragazzo. Addio mare! Autoritario ma affettuoso, Giovanni Battista diviene il primo maestro del figlio, consentendogli pure di frequentare gli studi di altri scultori (ad esempio, quello romano di Fortunato Longo) e, soprattutto, di seguire i corsi dell’Accademia Albertina, sotto la guida di Umbe o Baglioni ed Edoardo Rubino. Nel 1934 l’Accademia gli assegna un viaggio premio. Nel 1936, a Roma, viene premiato con medaglia d’argento per il gruppo Maternità e inizia a esporre alla Società Promotrice delle Belle Arti di Torino. La frequentazione dell’Accademia è talmente proficua che, dimesso quale allievo nel 1937, vi entra l’anno successivo in qualità di docente (incarico che manterrà fino al 1950). Nello stesso anno è premiato a Venezia, dove nel 1938 parteciperà alla Biennale. Sempre nel 1938 ottiene il premio del Ministero delle Corporazioni e nel 1939 quello del Circolo degli Artisti di Torino. Nel periodo post accademico, pur non aven-do un temperamento troppo incline al tormento (chi lo ha conosciuto lo ricorda intelligente, timido e assai sensibile), Adriano cerca di liberarsi dalle influenze scolastiche, nonché dai relativi schemi tradizionali. È, inoltre, assiduo aiutante di Michele Guerrisi e Arturo Stagliano: proprio nell’atelier del grande molisano, per caso, Bistolfi ha modo di ammirare alcuni lavori di Alloati, lusingandolo con la sincera profezia di un luminoso avvenire. Straordinariamente abile sia come plasticatore sia come scultore (magnifici i suoi marmi), Alloati “sente” la materia sopra ogni cosa: la sua scultura si offre al tatto, prima ancora che all’occhio. Siano materiate a grandezza naturale o siano statuette apparentemente rinvenute in chissà quale scavo archeologico, le naiadi di Alloati paiono corpi governati da precisissime leggi armonico-matematiche (non dimentichiamoci che lo scultore era animato da una passione ardente per la musica) e poi destinati a una fruizione tattile. Malgrado la Testina di Giolitti non sia che un conato adolescenziale, ormai lontano nel tempo, Adriano si rivela impareggiabile ritrattista, dallo spessore psichiatrico. Nel 1940 merita il ricono-scimento del Museo Civico della sua città natale, mentre nel 1940 è segnalato alla 11 Biennale di Venezia; è di nuovo alla Biennale nel 1942, questa volta con una sala personale (il presidente Volpi acquista ufficialmente una sua opera in terracotta: l’Adolescente in riposo). 111944 è ricorda-to per il Premio Serralunga. Nel 1948 presenzia alla XXIV Biennale di Venezia con un Bozzetto per Naiade n. 7 (bronzo) ed esegue, per il Cinema Teatro Reposi, un gruppo di tre grandi Naiadi da Dorsi nell’atrio e cinque Maschere per la facciata esterna.

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