Massimo d'Azeglio
MASSIMO D’AZEGLIO
(Torino, 24 ottobre 1798 – Torino, 15 gennaio 1866)

BIOGRAFIA E OPERE
Massimo d’Azeglio, accompagnò il padre a Roma, dove entrò in contatto con molti scultori e pittori del tempo: Canova, Thorvaldsen, Rauch, Camuccini, Landi, tanto per fare qualche nome. Oltre ad approfondire quello che rimarrà il principale interesse culturale della propria vita, quello della pittura, si appassionò anche alla musica e alla poesia, conoscendo di persona il commediografo Gherardo de Rossi e il librettista Jacopo Ferretti. Entrò quindi come allievo ufficiale militare sottotenente di Cavalleria, sulle orme del padre. Tuttavia, dopo qualche mese, abbandonò la carriera militare per dissensi nei confronti della classe aristocratica, ed entrò nella semplice fanteria (Guardia provinciale) con mansioni di segretariato, presso l’ambasciata sarda di Roma. Rientrato a Torino presso la famiglia, cambiò d’un tratto stile di vita, abbandonando i bagordi e dedicandosi interamente allo studio, continuando a dare la precedenza alla pittura, tanto che dormiva «in mezzo ai colori, agli oli, le vernici». Il mutamento fu tuttavia troppo drastico; la salute di d’Azeglio ne risentì, conducendolo a una sorta di esaurimento nervoso. Costretto a un periodo di riposo, cominciò presto a sentire nostalgia dell’ambiente romano, dove sognava di poter riprendere il proprio apprendistato artistico. I genitori acconsentirono allo spostamento, nella speranza di assistere a un miglioramento del figlio, e fu così che la madre, pur cagionevole di salute, si trasferì con lui e con il fratello Enrico a Roma. I tre dimorarono inizialmente in piazza Colonna. D’Azeglio approfondì gli studi di disegno, ma anche quelli letterari e musicali. Scrisse un poema cavalleresco in ottave, due opere teatrali e alcune poesie (odi e sonetti) patriottiche. Il fratello Enrico abbandonò presto Roma per recarsi a Napoli, dove si ammalò gravemente. La madre, molto preoccupata, inviò Massimo nella città partenopea. Enrico si riprese più facilmente e più in fretta del previsto, assistito da un marchese di Macerata amante delle arti e della musica, Domenico Ricci, che Massimo conobbe nell’occasione, senza più averne notizie fino a quando, nel 1852, il figlio Matteo Ricci chiese la mano di Alessandrina, la sua unica figlia. Ritornati a Roma, i fratelli d’Azeglio si stabilirono con la madre in una piccola casa di Castel Gandolfo. D’Azeglio continuò la propria attività di pittore e letterato, alternandosi tra i salotti intellettuali di Roma, Firenze e Milano, dove conobbe Giulia, la figlia primogenita di Alessandro Manzoni, sposandola nel maggio del 1831 ma rimanendone presto vedovo, nel 1834, l’anno successivo alla nascita di Alessandra, la loro unica figlia. Nel 1828–1829 soggiornò per un certo periodo a Sant’Ambrogio di Torino per dipingere le tavole del libro La Sacra di San Michele illustrata e descritta che pubblicò a Torino nel 1829. A Milano giunse due anni più tardi, dopo la morte del padre. Nella città meneghina riscosse grande successo come pittore. Spiegò nei Miei ricordi come Milano fosse allora culturalmente e artisticamente molto più vivace di Torino. Il clima ambrosiano si confaceva assai meglio al suo spirito libero: vi trovava «un non so che di abbondante, di ricco, di vivace, di attivo, che metteva buon umore a vederlo». In questo contesto di fioritura delle arti presentò quindi tre dipinti all’Esposizione di Brera, un paesaggio e due soggetti storico-patriottici (La disfida di Barletta e La battaglia di Legnano). Il primo fu acquistato dall’arciduca Ranieri, viceré austriaco, mentre le altre due tele finirono nella prestigiosa collezione del patrizio Alfonso Porro Schiavinati.