Gemito Vincenzo
GEMITO VINCENZO
(Napoli, 16 luglio 1852 – Napoli, 1º marzo 1929)

BIOGRAFIA E OPERE
Gemito Vincenzo, autodidatta, in gran parte, e insofferente ai canoni accademici, Gemito si formò attingendo dai vicoli del centro storico di Napoli e dalle sculture del museo archeologico. La sua prolifica attività artistica, che lo portò all’apice del successo ai Salons di Parigi nel 1876-77, fu interrotta a causa di un’intima crisi intellettuale, per via della quale si segregò dal mondo per diciotto anni; riprese la vita pubblica solo nel 1909, per poi spegnersi venti anni dopo. La produzione gemitiana comprende vigorosi disegni, figure in terracotta e un gran numero di sculture, tutte ritraenti con un’elevata intensità pittorica scene popolaresche napoletane; tra le sue opere principali si possono ricordare il Pescatorello, l’Acquaiolo (l’originale fuso in argento si trova presso il museo del Cenedese di Vittorio Veneto), la statua di Carlo V sulla facciata del Palazzo Reale di Napoli, la Zingara e gli autoritratti. Vincenzo Gemito realizzò un busto di terracotta in onore di Vincenzo Petrocelli, nel 1869. Frattanto, Gemito riunì attorno a sé un folto gruppo di artisti insofferenti alla codificazione accademica dell’arte scultorea, che contava – oltre all’inseparabile “Totonno” – anche Giovanni Battista Amendola, Achille D’Orsi, Ettore Ximenes, Vincenzo Buonocore e Luigi Fabron; insieme a quest’ultimi si rifugiò nei sotterranei del complesso di Sant’Andrea delle Dame, dove stabilì il proprio atelier. Fu in quest’ambito che Gemito – tra il 1870 e il 1872 – eseguì la pregevolissima serie di testine di terracotta, «mirabili per vivacità di sguardi e naturalezza di atteggiamenti»; di questi anni sono Moretto, Scugnizzo e Fiociniere. Ad esser ritratti erano trovatelli come lui, presi per le strade del centro antico e allettati per pochi soldi. Salvatore Di Giacomo ci restituisce un’immagine molto vivida dello studio di Gemito.