Édouard Manet
ÉDOUARD MANET
(Parigi, 23 gennaio 1832 – Parigi, 30 aprile 1883)

BIOGRAFIA E OPERE
Édouard Manet, Pittore e incisore. Membro attivo della Société des Aquafortistes, gli si debbono sessan-tacinque acqueforti e alcune importanti litografie, « plus à son aise ici que devant le cuivre » (Laran).
Édouard Manet è considerato uno dei più grandi pittori di tutta la storia dell’arte. Egli, pur rifiutando di aggregarsi al gruppo dei Realisti e – successivamente – di esporre insieme agli Impressionisti, fu un fondamentale trait d’union fra il Realismo e l’Impressionismo: si trattò di un episodio assolutamente unico, indipendente da qualsivoglia movimento, ma che giocò un ruolo chiave nell’aprire la strada alla pittura contemporanea. Come osservato dal critico Georges Bataille nel 1955 «il nome di Manet ha, nella pittura, un senso a parte. Manet, in rotta con quelli che l’hanno preceduto, aprì il periodo in cui viviamo, accordandosi con il mondo di oggi, che è il nostro; in dissonanza col mondo in cui visse, che egli scandalizzò».
Già negli esordi l’arte di Manet apparve indubbiamente connotata da pressanti esigenze realiste, a tal punto che – come abbiamo già accennato – arrivò persino a infuriarsi con il maestro Couture, troppo legato agli accademismi («insomma, vi comportate così quando andate a comprare un mazzo di ravanelli dalla vostra fruttivendola?»).
Sin dal principio, infatti, Manet era animato dalla volontà di ricercare il vero dietro l’apparenza, e di fissare sulla tela la fremente realtà. In questo modo egli sviluppò uno stile molto diretto e popolare, lontano dalle regole di accademia e di decoro, che alle scene mitologiche o storiche preferiva spaccati della realtà sociale del suo tempo. Per questo motivo, quando Courbet nel 1855 annunciò il suo proposito di voler «esprimere i costumi, le idee, l’aspetto del suo tempo» e di «fare dell’arte viva», Manet maturò con grande lucidità il proposito di «essere del proprio tempo e dipingere ciò che si vede, senza lasciarsi turbare dalla moda». Mentre, tuttavia, i dipinti di Courbet sono molto graffianti sul piano politico e della critica sociale, e denunciano in modo vero e inoppugnabile le condizioni disagiate delle classi più deboli, Manet realizza opere dalla fattura meno brutale, che raffigurano prevalentemente «la poesia e la meraviglia della vita moderna», così come prescritto da Baudelaire. Lo stesso Zola, d’altronde, aveva osservato che nei lavori di Manet «non abbiamo né la Cleopatra in gesso di Gérome, né le personcine rosa e bianche di Dubufe [due artisti di successo]. Sfortunatamente, non vi troviamo se non i personaggi di tutti i giorni, che hanno il torto di avere muscoli e ossa, come tutti».
Manet, dunque, nei suoi quadri raffigura frammenti di vita contemporanea e tranches de vie della società moderna del Secondo Impero come se stesse registrando fatti di cronaca, e fu proprio questo a scandalizzare i suoi contemporanei: nella Colazione sull’erba, infatti, la fanciulla a destra è inequivocabilmente una donna parigina del tempo, spogliata dai paludamenti storici e mitologici che sino ad allora spopolavano nell’arte. Altrettanto criticata fu la fattura del suo stile, che non definisce coerentemente le prospettive, abolisce la plasticità degli effetti volumetrici e ignora il problema della simulazione tridimensionale. Questa bidimensionalità, con la quale Manet mostra di aver assimilato e interiorizzato la lezione fondamentale delle stampe giapponesi (anch’esse prive di profondità), viene accresciuta dall’uso della linea funzionale di contorno, dalle pennellate piatte e compatte e dagli audaci contrasti tra zone illuminate e zone in ombra.
Opere di Édouard Manet

Les courses – Litografia. 386 x 510. 1864. Guérin 72. Primo stato avanti lettera. La composizione, una corsa a Longchamps, è molto audace e sembra non essere dello stesso autore delle note acqueforti. Il Manet desidera darci, e meglio non potrebbe, l’im-pressione della luce, della velocità e del movimento. Non è uno schizzo, come un tempo era stato definito, bensì un’opera completa: « i cavalli in una corsa folle sembrano quasi volerci investire, mentre la folla eccitata è ammassata dietro i recinti. Il Manet sembra aver dimenticato la forma in quel tempo imperante (1864): i cavalli non hanno quattro gambe, almeno noi non le vediamo, come non possiamo scorgere nella massa i singoli spettatori » (E. H. Gombrich). Un suo acquerello, simile alla litografia, con la stessa data, è conservato al Fogg Art Mu-seum dell’Università di Harvard, Cambridge, Mass. New York. The Metropolitan Museum of Art. Fondazione Rogers, 1920
