L’arte del corallo trapanese nel XVII e XVIII secolo: gioielli liturgici e domestici

I capolavori dei maestri corallari trapanesi dei secoli XVII e XVIII rappresentano un’eccellenza nell’arte della lavorazione del corallo. Questa forma d’arte raggiunse il suo apice a Trapani durante i secoli XVII e XVIII.

Fin dal Cinquecento, grazie al metodo di lavorazione al bulino sviluppato da Antonio Ciminello, furono create sculture di piccole dimensioni in corallo rosso, caratterizzate da una grande attenzione per i dettagli.

Un esempio degno di nota è il Presepe custodito a Modena, che incorpora lo stile pittorico del paesaggio tipico del Settecento e un’interpretazione allegorica del Cristianesimo che prevale sul mondo pagano. Ambientato in un’architettura classica in rovina, il Presepe utilizza corallo e metalli, incluso l’argento dorato, raggiungendo un livello di bellezza incomparabile.

L’arte della lavorazione del corallo a Trapani nei secoli XVII e XVIII veniva impiegata sia nella creazione di gioielli preziosi, sia nella produzione di oggetti liturgici e domestici. Una delle peculiarità era la combinazione del corallo con metalli come oro, bronzo e rame. La storia del corallo trapanese ha origini antiche e già nel XII secolo l’autore arabo Idrisi elogiava l’eccellente qualità del corallo rosso di Trapani. Tuttavia, l’industria locale si sviluppò appieno dopo la scoperta di numerosi banchi di corallo nel mare di Trapani tra il 1416 e il 1418 e nelle vicinanze di San Vito Lo Capo nel 1439. Queste scoperte portarono all’immigrazione di numerose famiglie ebraiche provenienti dal Maghreb, che contribuirono alla lavorazione e alla commercializzazione del corallo, successivamente venduto sui mercati di tutta Italia. Nonostante l’espulsione degli ebrei nel 1492, il loro contributo continuò grazie a alcuni convertiti al cristianesimo che rimasero a lavorare in Sicilia.

La raccolta del corallo nel mare di Trapani era praticata da pescatori corallai che utilizzavano barche chiamate ligudelli, appositamente attrezzate con una “ngegna”, una croce di legno zavorrata con pietre e dotata di reti per la pesca del corallo. Oltre alla lavorazione artigianale, il corallo era considerato un elemento naturale dotato di virtù apotropaiche e proprietà terapeutiche.

I maestri trapanesi si dedicavano a varie tecniche di lavorazione. I maestri corallari si occupavano di lavorazioni relativamente semplici come la rimozione della patina arancione e la creazione di piccole sfere, che venivano successivamente perforate per creare rosari, collane e braccialetti.

Il Corallo a Trapani

Gli scultori trapanesi si specializzarono nella lavorazione del corallo, creando sculture e cammei di dimensioni considerevoli. Le loro abilità artistiche attirarono l’attenzione di committenti prestigiosi, come il viceré di Sicilia, che commissionò nel 1570 una Montagna di corallo per il re Filippo II di Spagna, purtroppo andata perduta. Altri oggetti furono creati per occasioni importanti, come il Capezzale con la Madonna di Trapani, regalato a Vittorio Amedeo di Savoia in occasione dell’incoronazione a Palermo nel 1713, attualmente esposto nel Museo Interdisciplinare Regionale “Agostino Pepoli” di Trapani. Fra’ Matteo Bavera, un frate laico francescano, merita una menzione speciale per la sua straordinaria lampada pensile realizzata nel 1633, ora conservata nel Museo Pepoli di Trapani, insieme al singolare Crocefisso, tradizionalmente attribuito a lui e scolpito in un unico pezzo di corallo.

I maestri trapanesi svilupparono una tecnica chiamata retroincastro per applicare dettagli di corallo alle loro opere. Questo metodo consisteva nel fissare gli elementi di corallo sul retro di una lamina di rame forata, utilizzando una colla speciale a base di pece, cera e tela, e poi coprire il tutto con un’altra lamina, talvolta decorata con incisioni e punzonature. Questo creava una decorazione “a tappeto” sulla superficie degli oggetti. Verso la fine del XVII secolo, la tecnica della cucitura del corallo con fili metallici e perni divenne predominante, anche se gli elementi in corallo tendevano a staccarsi più facilmente. L’affinamento della lavorazione del corallo stimolò la creatività dei maestri corallari di Trapani, che passarono dalla realizzazione di piccoli oggetti come sfere, “olivette” e virgole, a scolpire motivi vegetali e floreali sempre più complessi. Trasferirono forme e stilemi barocchi tipici della pittura e dell’architettura a questi manufatti, che includevano presepi, paliotti d’altare, calici da messa e trionfi fantasiosi, spesso ispirati a opere architettoniche o paesaggi dipinti. Questi meravigliosi manufatti corallini divennero oggetti molto ricercati e collezionati in tutta Europa, portando all’esposizione di opere coralline trapanesi in numerosi musei italiani ed esteri. Uno dei musei più importanti in Italia per la collezione di coralli è il Museo Pepoli di Trapani, che ha una sezione dedicata a quest’arte.

Il Trionfo con San Michele Arcangelo in rame dorato, corallo e argento è un’opera realizzata dalle maestranze trapanesi nel XVII-XVIII secolo.

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